2 Ottobre 2021 a Castel San Pietro

Vi siete mai chiesti se dietro le cose c’è sempre un perchè?
A Vignola il 2 Ottobre del 2021 questo detto è stato messo a dura prova. Cosa ci sta dietro l’apparizione di una polacca di 1,8 metri di altezza che viaggia in moto in braghette corte e con le ginocchiere di mimì e la pallavolo per migliaia di kilometri ed è in compagnia di un motociclista senza targa e uno che sembra uscito da una pellicola di Dario Argento. Non lo sapremo mai. Sappiamo però che il portatarga italiano non va bene alle targhe motociclistiche polacche, questo si.
Partiamo con ordine. Oggi è il 2 Ottobre 2021, è sabato e io potrei starmene a letto ancora un’oretta con le scimmie urlatrici a scuola e invece mi alzo alle 8 perchè tra un’ora e mezzo altri 4 amici con evidentemente poco da fare nella vita mi aspettano per andare a Castel San Pietro in lambretta o vespa, passando dalla Lituania per non attraversare Bologna. La chiamano terza età.
Alle 9.30 sono puntuale e ovviamente i miei due compari bibbianesi sono li che mi aspettano, cosa aspettarsi da uno che si è alzato alle 3.45 per poter lavorare 5 ore prima di darsi a un passatempo tra i più stupidi? L’altro, è abituato, vi viene in mente qualcosa che comporta fatica, che ne so, produrre il formaggio di fossa in una buca nell’arenaria per 14 anni, lui lo fa! E’ impegnativo avere 40 pecore, lui ce le ha. E’ difficile condurre un vigneto? Lui ce l’ha. Lo fa e lo fa bene. Il segreto è non farlo conoscere alle nostre mogli, morose, compagne, altrimenti divertimento tuto finito!
Comunque ero ovviamente l’ultimo, consapevole di essermi scordato qualcosa, ma si parte. A tempo di record, nonostante un intelligentissimo e velocissimo lavoro di manutenzione di un ponte che è iniziato nel 1991, ci frena un buon 5 minuti, siamo nel luogo convenuto per incontrare i due cittadini con 15 minuti di anticipo.
Il Ferro finalmente, dopo 7 ore dalla sua sveglia può fare il meritato aperitivo di campari. Erano le 10 e un quarto del mattino. Damiano doveva ancora iniziare il primo sonno vero e proprio.
Partiamo decisi e arriviamo sul luogo del misfatto. I polacchi in braghe corte. Lei non sfigurava, per l’amor di Dio, ma i due maschi, con quei pantaloncini sintetici che arrivavano all’inghuine, coi coglioni che probabilmente venivano usati per crescere muffe a scopo farmaceutico, oddio, diciamo che li fermi al semaforo di Ca’ di Sola e noi intenti a consumare in pace un campari preparatoci dalla Sara, era una situazione abbastanza inusuale. Io ci ho messo impegno a dirgli in inglese che una delle moto dei due village people per il tour tropicale era senza targa. Al che parte il dialogo in inglese con Mimì e le sue ginocchiere, surreale ecco. Ripartiamo con mille interrogativi, ma Castel San Pietro era ancora lontana. Almeno altri 2 pieni.
Arriviamo speranzosi, anche perchè gli scooter, a parte bersi quello a cui noi avevamo rinunciato per questioni di tempo, andavano benissimo, non poteva andare male dopo che il Ciga si era immolato alla Dea Fortuna pestando un merda di essere umano decisamente sovrappeso in un’area di Servizio a Caracas. L’asfalto però… ecco l’asfalto della provincia bolognese assomiglia a una mulattiera del Sulcis.
Io attivo la funzione google Max e troviamo l’Osteria del Borgo in centro a CSP. Davanti c’è Fabrizio dei Guai in Marcia con due soci, ci uniamo e pranziamo in quello che è indicato in tutti gli ospedali del circondario come un candidato assassino dei malati del sistema cardio circolatorio. In due portate soddisfiamo il fabbisogno alimentare di 4 stati dell’Africa in un anno. La caponata si è ripresentata una settimana dopo con la gazzetta di Reggio sottobraccio e l’ombrello al gomito in Piazza Prampolini.
Ma insomma, a parte indossare un casco integrale e digerire il PIL dell’Ungheria nei 2 km dopo, arriviamo piuttosto presentabili e senza ginocchiere.
Al raduno c’è il mondo, noi saremmo anche disposti a salutare tutti e a parlare di nulla per 3 ore, ma visto che alle 18 occorre ripartire, preferiamo mettere in crisi l’economia vitivinicola locale, alle 18.30 si riparte per il ritorno. Del raduno segnalo, larga partecipazione, non tutti simpaticissimi, ma è così nei luoghi affollati, due casse dell’autopista degli innocenti del 1974, verniciate a spray e con un sound talmente sporco che i GBH paiono disposti a spendere una fortuna per averle per il prossimo disco, uno spiazzo che mi ricordava una colonia al mare in novembre e i nostri scooter che modestamente rubavano la scena.
Il ritorno sembrava na sorta di wacky race. Velocità imbarazzanti, finche è calato il buio ed è diventato tutto piuttosto incoscente, quella incoscenza che caratterizza gli adolescenti e gli affetti da demenza senile a uno stadio avanzato. Evidentemente il fato era più interessato alle casse del raduno visto che si è dimenticato di metterci una buchetta nell’asfalto del ritorno, che all’andata invece parevano millioni. Portiamo a casa la pellaccia e ci permettiamo il lusso di una pizza da asporto che, visto la temperatura mite di 32 gradi sottozero, consumiamo felicemente all’aperto col casco in testa. La seconda fetta sembrava uscita dal freezer, buona eh!
A casa ho fatto due conti. Dopo 50 km ho riempito il serbatoio con 4 litri, sono volato a comprare champaigne per festeggiare, infatti i 50 km successivi ne ho infilati 7 e mezzo di litri.
E allora vi chiedo… dietro alle cose c’è sempre un perchè?